seppafrattini

Guardo lo specchio e scrivo riflessioni. Alleno dita e gusti di un musicista.

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Esperimenti alieni

b00773y4_640_360No, non si tratta di un post nerd bensì dell’ispirazione lamentosa ma soprattutto inconcludente del tweet di @Giadaloi che condivide su twitter l’articolo di Focus titolato “Siamo un esperimento degli alieni?”.

[QUI]

Perché; perché la gente si deve fare di queste domande? Capisco che ci sia un po’di desiderio di sapere se esiste vita altrove, sono il primo ad averne. C’è la famosa la battuta di “Contact”: se nell’universo fossimo da soli sarebbe un grande spreco di spazio. Ma da qui a farsi domande sul fatto che potremmo essere stati fecondati accidentalmente a causa di interazioni tra corpi celesti o passaggi di comete, definirci in un certo senso degli ogm viventi; e non lo dico io, sta scritto su Focus, credo sia un atteggiamento morboso. Ma la domanda è, con che diritto ci vogliono tenere la testa impegnata con queste cose prive di fondamento. D’altra parte una persona può scrivere nel proprio articolo qualunque cosa: Berlusconi ha l’altro giorno ha detto la smargiassata delle smargiassate; testualmente: “La televisione è l’unico mezzo che non consente di mentire”. Con queste parole ha dato il via allo sfacelo.

La democrazia consiste nel mettere sottocontrollo il potere politico. È questa la sua caratteristica essenziale. Non ci dovrebbe essere alcun potere politico incontrollato in una democrazia. Ora, è accaduto che questa televisione sia diventata un potere politico colossale, potenzialmente si potrebbe dire anche il più importante di tutti, come se fosse Dio stesso che parla. E così sarà se continueremo a consentirne l’abuso. Essa è diventata un potere troppo grande per la democrazia. Nessuna democrazia può sopravvivere se all’abuso di questo potere non si mette fine.

Karl Popper

Non sono capace di scrivere come lui.

Immagine e citazione da Operette Immorali

Prefestivi & Mal di testa

Apple iPod headsetE’ passato Natale. Il giorno prima avevo mal di testa. Sta per arrivare il 2013 (voglia Dio che sia un buon anno…) e in questi giorni ho mal di testa. Passi due giorni a sistemare, togliere, buttare nell’immondizia tutto “quello che non sei tu” e che per troppi anni è stato troppo invasivo. Cerchi di fare spazio e rimpicciolire le cose. E certi di mantenere la mente in movimento in tutte le direzioni per non costringerti ad andare in una sola direzione. Poi ti fermi, ‘ché non hai più di che buttare o spostare ed è per questo che ti viene il mal di testa, pensi in una sola direzione. Bene, appurato che fa male. Molto.
Vorrei avere il tag <br> in questo momento; non posso andare a capo dopo molto. Ed è esteticamente orrendo.
Ma,
com’è semplice vedere,
l’ho
trovato.

Milano #6 – scarpe nuove, il presidio e tutto e il contrario di tutto

Non posso dire di essere partito con la valigia di cartone, no. Non posso. Posso dire senz’altro di essere partito con delle scarpe scrause. Questo sì. Posso soprattutto dire che per partire ho scelto la settimana più piovosa dell’umanità. Al che le scarpe scrause hanno ceduto, nulla da fare e si è fatto il caso che io ne prendessi un paio per la sopravvivenza dei miei piedi. Tutto questo andando in centro la mattina. Mattina a mezzogiorno dopo una colazione tutto sommato degna ma senza caffè; la nostra caffettiera ci mette un’ora a farlo ed ho deciso di berlo fuori, scelta ardita che mi ha procurato un mal di testa di cui lo stesso concetto di esistenza potrebbe davvero aver timore. Poi alla fine manco l’ho bevuto. Ma vuoi mettere comprare un paio di Converse standard, nere, in centro centrissimo a Milano e pagarle lo stesso che le pagheresti nel negozio del nord-est-bucodiculo-Italia? Vuoi mettere?
No, non ricordo cosa ho pranzato, penso la pasta col tonno, una cosa veloce; poi via in Cuem (non vi sto a spiegare cosa sia, dato che Diego legge vorrei evitare di dire cazzate…) dove c’era un’assemblea su cosa succede in Grecia, su alba dorata, per la quale il mio coinquilino temporaneo greco e suo fratello avrebbero tradotto. Vabè, dettagli. Poscia da lì è partito un presidio per non ricordo cosa al quale ho preso parte in qualità di quello che va fin là ma non vi partecipa se non a parlare di cagate con quello che dà i volantini (che poi non era nessun’altro se non Alex, n’altro dei coinquilini temporanei…).
Festa di laurea di Valerio. Valerio è uno che non conosco ma so che si chiama Valerio; con tanto di spettacolo di Priscilla in una vecchia sede del pci (non le schede dei computer…), ero spaesato, non c’era nulla da bere e più che una festa era un raduno di spostati. Allora ho deciso che qui ci torno e voglio fare l’aperitivo che non ho fatto, voglio fare la festa che non ho fatto.
Insomma mi sto creando i pretesti del voglio andare a Milano perchè
Buonanotte.

Milano #5 – i 100 mila passi, la zuppa del rifugiato e gli amori di sticazzi

Sì, lo sciopero dei mezzi di trasporto è un maledetto problema. Vuoi andartene in centro con la metro? No, non esiste; vuoi essere rilassato? No, non esiste. Io sono però una persona che ben o male si diletta nel cercare di fare quello che vuole, partendo ovviamente dalle cose semplici; ho deciso quindi di andare in centro. A piedi. Via buschi, viale pacini, viale gran sasso, viale buenos aires, viale venezia, piazza san babila, piazza duomo, itinerario fatto. In 5 giorni ancora non avevo visto nulla di Milano, me la sono girata un po’cercando tra l’altro le vetrine con l’insegna “cercasi personale”. Manco una. Vabè, dicono non ci sia lavoro. Fatte un paio di foto, manco da conservare, più che altro da condividere su twitter o facebook lì per lì… perchè io non rientro nella categoria hipster ma alla fine questi atteggiamenti lo sono eccome!
Decido di rientrare e sulla via del ritorno mi guardo attorno e vedo l’abisso che intercorre tra la ricchezza dei milanesi snob e dei poveretti che se ne stanno in ginocchio a chiedere la carità e mi metto a fare mille congetture (tralasciando le vetrine…) su quanto noi ci riteniamo poveri con 1500 euro in banca e non siamo in grado di dare un euro in più a coloro che ne hanno 2 nel cappello. E’ un disagio, penso sempre che ci potrei finire io in quelle condizioni. Che poi a mangiare la zuppa del rifugiato, ricetta dei ragazzi, qui, ti ci senti un po’ “tizio col cappello”, ma tizio col cappello fortunato che qui potresti davvero trovare una famiglia.
Gli amori di sticazzi paiono amori di sticazzi. E invece sono davvero amori di sticazzi, quelli che ti capitano all’improvviso e che senti macinarti dentro e non vedi manco un barlume lontano di concretezza (che poi magari ance sì, non si sa mai nella vita…). Tutto starebbe a non pensarci ma non ce la si fa, tocca vivere e vivere comporta anche questo, l’impossibilità di sconnettere il cervello a zone e nonostante tutta la tua razionalità, l’impossibilità di vivere a compartimenti stagni. Sono problemi grossi.
Mai come quelli del tizio col cappello.

Milano #4 – bad network, 10 minuti e all’assalto di Milano

E’ arrivato il gran giorno. Oh, ieri sono andato a dormire alle 4, è stato tragico. Non andare a dormire, il risveglio, intendo. “Oh ragazzi, domani 10.30 fuori da casa. Tassativamente” “Sì, d’accordo”. La sveglia avrò suonato 30 volte e trenta volte abbiamo lasciato che andasse. Poi alla fine mi sono alzato io (grazie, Seppa, grazie…) a spegnere lo strazio della sveglia hard core di Diego e a svegliare i dormienti. Ore? 9.45. Mi sembra buono. Colazione e fuori. Ritardo standard di mezz’ora sulla tabella di marcia. Vabè pace.
Oggi il mio stomaco stava funzionando a carbonella. Sì, ogni tanto si spegneva. Avevo i morsi di preoccupazione per questa sera; come ci sarei arrivato? Come ci sarei tornato? Chi avrei incontrato per strada? Quale essere mostruoso e violento armato di serramanico mi avrebbe offerto le caramelle? Ok, omofobia portami via… ma intanto me ne sono andato con Diego e gli altri alla libreria. Loro avevano una riunione e io ho deciso di cazzeggiare su internet bestemmiando ogni santo del paradiso perchè non prendeva, manco col cellulare ce la facevo. Lì si cucinano la pastasciutta, atto che notoriamente ti stimola a restare dove ti trovi per mangiarla. Io me ne sono andato, lo stomaco a legna di oggi mi ha detto “vattene o morirai, non ti darò pace…”. Rincaso, decido di lasciare alcuni biglietti da visita – scelta tremendamente inutile e almeno 1 minuto perso – in un negozio di dischi sotto piazza Duomo “Hey” – con un sacco di entusiasmo – ” Sai io sono violinista” “Eh…” “Posso lasciare un paio di biglietti da visita lì sul banco” “Vabè, boh, lasciali lì…” (entusiasmo a mille di una giornata di pioggia…sorvoliamo). Rincaso, dicevo. Faccio una pasta al sugo molto veloce, la benzina nello stomaco non la lasciava scendere…non vi dico il pomeriggio. Vabè ho contattato delle scuole di musica ma in definitiva del tutto improduttivo.
No ma scusate non vi chiedete come mai oggi avevo lo stomaco a gasolio? Ve lo spiego. Oggi avrei incontrato i Red Wine Serenaders, il gruppo blues strablues iperblues del post di ieri sera. Arriviamo al locale. Incontro Veronica, la cantante con cui ero in contatto “Beh, andiamo un po’all’improvviso, senti, questi sono gli accordi” “D’accordo” …esco, incontro Beppe. Armonicista. Dicono sia uno dei più bravi: E’ UNO DEI PIU’ BRAVI, per quanto mi riguarda è il più bravo. Parla di musica e di donne, si ride ci si presenta.. bello. Inizia il concerto e si entra nel mood. Blues che scivola ovunque, il chitarrismo sciallo di Max, la voce di Veronica, sale Beppe, l’armonica tagliente che ti colpisce dritta in pancia. Salgo io. Emozione. Adrenalina a mille mi sembrava di avere sei anni ed essere sulla giostra. Signori si parte, suono, lei canta, tutto sta andando maledettamente per il meglio, mi danno spazio per un solo di violino, ce la metto tutta, ogni tanto sollevo lo sguardo e mi accorgo che loro si stanno divertendo forse più di me, incrocio lo sguardo di approvazione di Bebbe. E mi danno energia, me ne danno un sacco. Applausi.
Prendo una birra al banco, aspetto la fine del concerto. Una reinterpretazione di Amazing Grace mi lascia a bocca aperta poi tutto finisce. Parlo con Veronica, Beppe, Max. Mi invitano a suonare di nuovo il 9 dicembre. Ho un concerto, accidenti. Dovrò volare in modo da poterli incontrare di nuovo. Mi regalano il loro CD. Conosco gente, smazzo un po’di biglietti da visita… “E’ un sacco di tempo che vorrei mettere il violino nella mia band” – dice Beppe – “Ci teniamo in contatto, tieni anche i miei contatti, chiamami”.
E’ ora di prendere la circonvallazione, di incontrare i mostri con le zanne e il serramanico.
Ed improvvisamente non fa più tanta paura.

L’inconcludenza non paga

M’ero riproposto di scrivere un post su Milano giorno per giorno ma non posso fare a meno di scriverne uno  bello e lamentoso sulla mia inconcludenza. Oddio.. non così accentuata, se vogliamo, qualcosa ho concluso, certo. M’ero riproposto anche di girarmi tutta Milano a portare i curricola a destra e a manca, ne ho stampati 40, 20 professionali e 20 artistici (giovani piene di risorse, ci dicono…).
Ad ogni buon conto ancora non l’ho fatto e non so se sentirmi una merdina o sentirmi tranquillo perchè in definitiva: ho trovato un modo di tornare a Milano, ho trovato da suonare stasera, ho contattato delle scuole di musica (che non mi stanno calcolando, ma in questo caso no, non è colpa mia…) ma che se mi dovessero calcolare vado a farci una chiacchierata. Non so, sono grandi sensazioni a pelle e nel contempo ho una paura cane di dovermene tornare a casa.
Vabbè, sfoghi di un mezzodì di quando fuori piove, tu non sai che pesci pigliare e ti trovi a scrivere in un luogo occpuato dove internet non c’è e devi sfoggiare lo smartphone e tutti ti guardano male ‘che sono militanti anarcoidi e te c’hai addosso un maglioncino nero. Ciao.

Milano #3 – il blues, le gran cene e gli hipster

Hpister. Hipester cazzo. Io sto abitando con degli hipster, hipster che sono hipseter, dicono cose da hipster, fanno cose da hipster, mangiano come gli hipster, parlano di se stessi e degli hipster, ascoltano musica da hipster fatta da hipster (tipo I Cani che cazzo I Cani sono uno solo quindi chiamati Il Cane, semmai…). Insomma hipster rimpiangenti gli anni ’90 quando la cacca era uguale a quella di adesso. Bene. Ora che sapete che sto con gli hipster (e un metallaro che ascolta i Devildriver…) vi dico che pure ci facciamo le cene da nababbi, altro che hipster. Abbiamo mangiato la pasta con le melanzane e una frittata con le zucchine che s’è tramutata in zucchine (più) crude e uova totalmente bruciate; io intanto mi sono amputato un braccio facendo le chiare montate a neve. Ma fino ad ora con questi hipster si sta bene, la mia coinquilina temporanea ha scoperto che ho la passione viscerale per lo yogurt naturale e me ne ha comprato uno da mezzo chilo, se questo non è amore…Poi c’è Diego che parla di politica, tanta, tanta politica, staresti ad ascoltarlo per ore ore e giorni. Ve bene.
Il blues è una musica che ti riporta un sacco al sesso. Sarà il ritmo, sarà la successione sempre uguale di accordi; boh. Fatto sta che io domani suonerò del blues. Suonerò del blues con un duo blues che suona blues e che gira negli USA, la terra del blues. Al Nidaba, un locale molto blues sui Navigli che, in fondo, sono un sacco blues, anche se ancora non li ho visti. E ce la metterò tutta; non tanto per dimostrare la tecnica e la schiena, ce la metterò tutta perchè è una cosa che voglio da sempre e oggi Milena – sì, milena, oggi ho suonato per ore con lei, ho pranzato a casa sua, ho fatto mille discorsi – mi ha detto “Se tu parti con l’idea di voler fare una cosa vuol dire che la farai…” in sostanza devo ringraziare Gramellini che in un suo libro ha detto, in sostanza: se tu sei nato per fare una determinata cosa puoi cercare di evitarla in tutti i modi, cercare tutte le alternative possibili, vuoi per impossibilità, vuoi perchè non ci credi; sappi però che questa “tua” cosa ti inseguirà fino a piombarti addosso ed a quel punto tanto vale che ti ci lasci investire.
E facciamoci investire, dunque.

Milano #2 – caffè, pioggia e periferia

Oggi devo andare ad incontrare Rocco, un cantautore. Io e Miriam, mezz’ora per far salire il caffè su due macchinette diverse, entrambe non funzionanti, rischio certo d’esplosione di ambedue le moke; un’ora per berlo…
Devo andare in periferia. Tanta periferia. O forse no, non tanta. Famagosta. Sì. Tanta. 
Stamattina pioveva, meglio anzi: stamattina il tempo ha iniziato a rompere le scatole con la pioggetta fina fina fina che dici no, non piove più di cos…sì. Piove più di così. Esco dalla metro e trovo un parcheggio multipiano più grande dell’intera cristianità, mi spavento e prendo a sinistra cercando di tenermelo fuori dalle scatole. Sì mi incuteva timore, va bene?
Così non si fa, stavo andando dalla parte opposta. Torno indietro rischiando 18 investimenti, rientro nella metro, rifaccio la strada; prendo coraggio, affronto il gran parcheggio e telefono a Rocco che mi viene a prendere facendomi passare per una piazzetta terrificante con una serie di sottopassaggi in mattonelle tutti istoriati di tag, pezzi vari…robe da matti. Casa di Rocco è…è rosa, rosa violetto. Carino dentro, una rastrelliera di chitarre, strumenti a corda etnici, un pianoforte, un violino…Caffè? Caffè! Poi si suona. E si parla. Si suona, si parla, si ascolta “posso provare il tuo violino?” “Certo ti pare!” “Suona bene” “Si ma se posso darti un consiglio potresti usare l’arco così e così e così…” insomma ho anche fatto lezione a Rocco. “Rocco ti faccio sentire un pezzo” “Bello, l’hai fatto tu?” “Sì, sai vorrei metterci il testo, tu sei cantautore…” “Beh ce l’hai la registrazione?” “Eccola!”
Esco, compro un carnet da 10 corse, rincaso, un po’di spesa, un giretto in libreria occupata dove sta Diego, ritorno a casa. Giornata un po’così. Domani speriamo meglio.

Milano #1 – valige, pistole e amori conquistati

Giorno 1.
Cercherò di non dilungarmi. E cercherò di limitare al massimo gli errori di battitura, sto scrivendo con un netbook (sì, pure bianco…) Cercherò di non dilungarmi perché qui a Milano ci ho passato solo mezza giornata e in realtà direte “Ma che cacchio scrivi di mezza giornata a Milano”… no, invece. Non lo direte. Capre!
A parte il viaggio che fortunatamente è stato roseo e tranquillo scendo dal treno, faccio un bel check in su Four Square (sì sono malato, lo so…) mi giro. Chi ti vedo? Direttamente da Trieste un’insegnante del conservatorio di Trieste; vabè dettagli, ci si saluta e via. Chiamo Diego “Ciao, sono in stazione” “Ciao, io sto arrivando, 10 minuti e sono lì” “Ah, ok, io dove ti aspetto?” “Ma vieni giù” “Ok, ti aspetto fuori” “Ecco no, magari fuori no, per la tua sicurezza fuori magari no”. Ecco le prime parole amichevoli della giornata che fanno sì che un caldo senso di sicurezza ti pervada. Sorvoliamo sul senso di sicurezza che non m’ha pervaso per un cazzo.
Arriva Diego. Baci e abbracci, direzione metropolitana linea verde. Mi passa un abbonamento provvisorio “Tieni, usa questo”, si scende sulle scale mobili scopro quanto la gente di Milano sia nervosa e tesa più di una corda di violino. La dinamica è stata la seguente: Seppa scende le scale mobili. Seppa perde la presa del trolley che si schianta a terra facendo un rumore secco, acuto, lancinante, paragonabile ad una calibro 9 Beretta, Diego ride, una tizia davanti si spaventa, va in acido all’istante, si gira verso Seppa e lo manda a fanculo, Seppa prontamente risponde con “Ma va in mona de tu mare, va”, la tizia guarda Seppa senza aver capito e pace. Ognuno per la sua strada. Ah sì? No. Stocazzo.
Seppa cerca di aprire le porte della metro con l’abbonamento ma le porte non si aprono, si crea la fila che inizia a bestemmiare, ma non una singola persona, l’intera fila, come concetto capite? Un concetto di fila che bestemmia contro Seppa, capite?
Passato pericolo si pranza a casa, amicicicici che sono “una cosa da morire”, trovo sul frigo una sorpresa, le lettere magnetiche che compongono i seguenti versi: “Seppa laido, Seppa laido! Ti porteremo sul Duomo per dirti guardami l’ano” ed è stato subito matrimonio.
Ore 16. Sento Milena. Milena ha un progetto. Un progetto musicale. Qui possono permettersi di avere un progetto musicale. Ero un po’preoccupato. 16.15 Esco, ci si presenta. Un caffè e bei discorsi che la preoccupazione scende.. “Ma sai, io sono libera, pensavo che potremmo andare da me a suonare un po'”. Violino. Traversata di Milano in macchina. E’ grande, grigia e corre.
Un attimo di assestamento; chitarra, violino, si suona…e le cose vengono come se già stessero nella testa, un paio d’ore a mescolare idee, tante, ben confuse ma che sapevano dove convergere. “Avremmo una data il 22 dicembre, sarebbe bello poterla fare in trio” “D’accordo, facciamola, posso tornare a Milano”.
Domani devo incontrare Rocco, un cantautore.
Una giornata finita con un ingaggio, una birra ed una partita; a me il calcio non piace, non va giù proprio. Ma il pensiero che “Chissà, magari da qui si ripartirà…” ___puntinidisospensione…

Grancereale nel latte freddo alle 17.22

…perché è un mercoledì sera , perché il mio violino sta sul tavolo e il mio cellulare a 20 metri da lui. E io a 30 da entrambi, perchè c’è una chitarra verde cesso accanto ma senza suonarla ed una tastiera coi tasti troppo piccoli per scrivere senza sbagliare, perchè c’è chi si laurea a novembre e forse non potrò assistere, perchè c’è chi si ritrova dopo un anno per suonare del blues, perchè nella tazza non c’ho messo abbastanza zucchero, perchè c’è chi ha fame ma c’è chi pensa sia il volere di Dio, perchè c’è chi ha sete e c’è chi pensa che sia giusto così, perchè il cibo su instragram non è mai troppo, come d’altronde gli mp3 scaricati, perchè le persone si lasciano, perchè un gatto nero viene a trovarmi ogni sera, perchè le distanze sono sempre troppo lunghe ma troppo corte, perchè in un curriculum dev’essere corto ma più lungo ma più corto del lungo e devi metterci anche quello che non sai fare ma non esagerare con le cose che ci metti, perchè Lebowsky è 1.87, neanche tanto Grande, non arriva a 1.90, perchè una cena a base di fibre è decisamente salutare.